IL MIO BILANCIO
Non ho mai voluto affrontare la questione Coronavirus dal punto di vista scientifico e legislativo, per non aggiungere confusione nella mente di chi mi legge e non ho alcuna attenzione di farlo oggi: mai vorrei passare per tuttologa, a ognuno il suo mestiere…
Ma dopo 7 settimane in quarantena, seppur con difficoltà, sento di volere condividere con voi un mio bilancio di quanto è stato e le mie impressioni su quanto sarà, che comunque mai sarà un “come prima” .
Le prime immagini a fine gennaio provenienti dalla Cina, con gente che perdeva i sensi per strada, mi avevano lasciata shockata: un’epidemia apocalittica che pensavamo tanto distante da noi ed avendo da sempre considerato il popolo cinese come poco avvezzo all’igiene, pensavamo che il virus restasse confinato al loro territorio. Bloccare il traffico aereo in entrata dalla Cina ci sembrava un ottimo scudo protettivo.
Anch’io mi sentivo al sicuro qui in Italia, come tutti.
Per assurdo il Coronavirus ha deciso di invadere per prima proprio l’Italia del nord, dove vivo, passando a quanto pare per la Germania, colpendo inesorabile senza alcuna distinzione di razza o estrazione sociale, ma prediligendo gli immunodepressi ed alcuni sportivi.
Ci siamo tutti, o quasi, chiusi in casa impauriti, ma estremamente orgogliosi di essere italiani, soprattutto dopo essere stati beffeggiati dai francesi.
Avevamo tanta voglia di fare di tutto per riempire le nostre giornate produttivamente, voglia di passare finalmente del tempo con i nostri cari, per sopravvivere alla reclusione forzata con ottimismo e coccole. Quasi una piccola vacanza, allietata da tante iniziative online per potere trascorre il nostro tempo al meglio, svagandosi.
Io per prima ho dato alcuni consigli da questo blog (eccovi il LINK).
Abbiamo cantato alla libertà ed all’Italia, abbiamo applaudito i medici e tutto il personale sanitario, che sin dallo scoppio dell’epidemia hanno sacrificato ore di sonno ed affetti con coraggio, mettendo a repentaglio la propria incolumità.
Abbiamo nel frattempo dato il giusto valore ai nostri affetti, riscoprendo il piacere di stare con i nostri cari e soffrendo per la lontananza di altri.
Abbiamo espresso la nostra solidarietà a chi rimaneva a casa da solo, spesso anziano, cantandogli canzoni alle finestre per fargli compagnia. Tantissimi i volontari che si sono attivati per fornire il supporto necessario.
Ma la speranza di uscirne presto e bene c’era ancora, io stessa ci credevo…
Giochi di società e risate con le figlie, ginnastica da casa, lavoretti, pulizie, TV, un po’ di sole sul terrazzo, un libro ed ovviamente il blog: le giornate nel nuovo mondo sicuro, nella mia casa “bolla” al riparo da tutto passavano veloci anche per me.
Man mano che i giorni fluivano veloci le prime difficoltà: andare al supermercato non era proprio facile! Mascherine, guanti e prodotti disinfettanti introvabili o venduti a prezzi esorbitanti.
Ospedali nel frattempo al collasso, mentre medici infermieri e farmacisti morivano per mancanza di presidi di sicurezza. Pazienti lasciati a casa per carenza di letti in terapia intensiva e di respiratori, cure sperimentali non sempre efficaci. Il sistema Italia non funzionava come promesso. Nel frattempo le aziende entravano in crisi.
Iniziava la nostra delusione. E noi, ed io, spettatori inermi…
Farsi fare un tampone, anche se convivente di un ammalato di Coronavirus, anche se con febbrone alto, era impossibile. Ed il panico ci assaliva. Il panico assaliva anche me e mi chiedevo: se capitasse a me, che sono asmatica?
Ho iniziato a disporre tutti i sospesi, in modo da non lasciare eventuali questioni irrisolte sulle spalle delle mie figlie. Frigorifero sempre pieno, medicine sempre a disposizione, soldi sempre in cassaforte.
Ho iniziato a guardare giornali e telegiornale solo una volta al giorno, per non angustiarmi, per potere affrontare le mie giornate con la giusta carica.
La ginnastica per rassodare ha lasciato il posto allo yoga per rilassarsi…
Nel frattempo mi raccontano le amiche di affetti cari portati in ospedale in condizioni pietose e deceduti in seguito senza poterli salutare un’ultima volta, senza potere regalare loro una degna sepoltura, cancellando in un soffio quello che sono stati, diventati solo un numero fra i tanti. Altri, anche giovani, messi in coma farmacologico.
Ma il personale sanitario continua nel frattempo la sua missione, con dedizione e sacrificio, piangendo anche per non essere riuscito a salvare tutti, ma i miracoli non esistono.
Noi incollati nuovamente davanti alla televisione, spettatori attoniti di una tragedia che pian piano ha colpito inesorabile anche il resto del Pianeta.
Ho cominciato a pensare che per affrontare tutto con il giusto spirito bisogna immaginare di essere in guerra, forse è l’unico modo per apprezzare comunque il nostro divano e non lamentarci per la ricrescita grigia dei capelli, che sono stupidate rispetto ai problemi veri di chi è in prima linea, per la noia, che la noia quando eravamo bambini ci faceva pure del bene perché ci spingeva a riflettere.
A volte avrei voluto urlare ai genitori incoscienti che passavano sotto casa mia con i figli senza mascherine che il senso civico è un loro dovere, che i loro bimbi possono essere portatori sani anche se raramente vengono infettati, ma che possono infettare nonni e genitori.
Hanno cominciato ad assalirmi dubbi e sentimenti opposti: Da una parte non vedere l’ora di uscire dalla quarantena per rivedere i miei genitori ed i miei amici, per poter rivedere il cielo, per potere godere della primavera, per ricominciare a lavorare, per ricominciare a vivere una vita relativamente normale. Dall’altra la voglia di restare chiusa a casa per non rischiare di ammalarsi, per non mettere a repentaglio la salute delle mie figlie, perché anche con mascherine guanti e distanziamento sociale probabilmente non mi sentirò per un po’ sufficientemente tutelata… meglio forse restarsene al sicuro tra le mura domestiche, in questa vita sospesa, dove il tempo sembra essersi fermato?
Nel frattempo gli applausi per i medici si sono fermati: a nulla è valso l’invito a farlo sui social, eppure hanno ancora bisogno del nostro incoraggiamento anche se i ritmi sono più sopportabili: fanno tutt’ora i salti mortali e quello che vedono li segnerà probabilmente per tutta la vita.
Dove è finito l’orgoglio di essere italiani che si cantava alle finestre? L’invito a cantare “Oh bella Ciao” il 25 aprile è stato accolto da pochi, segno di stanchezza e di demotivazione.
Mi ha commosso sapere delle piccole imprese in tutta Italia che si sono arrabattate per reinventarsi, per sopravvivere, ma anche per aiutare gli altri, producendo mascherine, tute e reagenti, mentre big della moda e dello spettacolo hanno messo a disposizione di Ospedali, Croce Rossa e Caritas ingenti somme elargite di tasca propria o mediante raccolta di fondi.
Mai vista così tanta solidarietà come qui in Italia!
E questa è l’Italia che tanto amiamo, questa è l’Italia che ci ha sempre dato tutto quello che si potrebbe desiderare in un Paese.
Questa è l’Italia che io amo e che non vedo l’ora di potere riscoprire.
L’Italia con i suoi 47 siti Unesco e con un patrimonio artistico culturale tra i più ricchi al mondo, seppur non valorizzato come merita. L’Italia con i suoi 8000 km di coste, uno stivale lungo lungo con una varietà infinita di paesaggi costellati da grandi e piccole cittadine, tutte da visitare.
Un paese incapace di annoiare, millenni di storia che si respirano ovunque, un’arte culinaria imitata in tutto il mondo, con una quantità infinita di prodotti del territorio premiati con il marchio DOP.
Amo l’Italia per la simpatia degli italiani, per la loro capacità di ritirarsi su dicendosi che tutto è possibile, nonostante la burocrazia che ammazza e politici che pensano troppo a non perdere bonus e vitalizi. Italiani che lottano con orgoglio, con una capacità inventiva unica, con resilienza.
Per non parlare di moda e design, ultimi ma non ultimi punti di forza: il nostro buon gusto, le nostre intuizioni, la nostra tradizione artigianale, come dice Anna Wintour “la moda ripartirà grazie all’Italia, che da sempre traina ed ispira tutti!”
Mi fa rabbia a volte pensare che in Germania ed in Austria stiano affrontando il tutto con un sistema efficiente e capace di salvare più vite possibili, un senso di invidia deplorevole, lo so, ma che mi fa dire “perché qui no?”.
Penso ogni tanto che in Cina dopotutto la situazione sia stata gestita meglio che qui, e mi pento di avere pensato che mai ne sarebbero usciti indenni.
Ho tutt’ora un po’ di paura ad uscire di casa e chissà se il 4 maggio mi sarà facile riprendere pian piano le mie camminate a tempo di musica, ma so che devo farlo, per stare bene, per uscire da questo limbo che un po’ di torpore ti da, come quando sei ammalata e chiusa in casa a lungo e quando esci ti gira la testa.
Pian pianino anche la maggior parte delle attività ripartiranno e sicuramente gli italiani si inventeranno qualcos’altro per uscirne, spesso con mezzi propri ma con tanta voglia di fare per salvaguardare i posti di lavoro dei propri dipendenti.
Anche Milano rinascerà, ne sono certa: già la mia città è letteralmente rinata dopo l’Expo, viva come non lo era dai tempi della “Milano da bere” e l’essere così uniti durante questa esperienza non potrà che farle del bene.
Anche io ricomincerò a fare progetti lavorativi concreti, continuando a lottare in prima linea accanto ai piccoli e medi marchi del Made in Italy, per rivalutarli e per promuoverli, magari anche all’estero.